19Mag2016

Le cinque regole d'oro per dialogare con la stampa

Nicola Di Molfettadi Amalia Di Carlo

Intervista al Dr. Nicola Di Molfetta, direttore di Legalcommunity ed esperto indiscusso di rapporti tra avvocati e giornalisti, che svela come tenere ben saldo quel filo sottile che consente ai professionisti di comunicare al meglio con la stampa

Nell’indimenticabile finale de ‘L'ultima minaccia’ (‘Deadline-U.S.A.’, film di Richard Brooks del 1952), il grande Humphrey Bogart pronuncia la frase più citata in tema di libero giornalismo: ‘È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente!’ Fanno bene gli avvocati e gli altri professionisti a tenerla presente nei propri rapporti con i giornalisti, e non solo quelli specializzati per il loro settore…

Ecco cinque semplici regole, ben chiare, elencate dal Direttore di Legalcommunity, Nicola Di Molfetta: primo, non chiamate un giornalista se non volete che questi vi faccia delle domande; secondo, ricordate che i giornalisti sono professionisti con una deontologia e un’indipendenza che vanno rispettate; terzo, se volete che un giornalista si fidi di voi, dovrete avere anche voi fiducia in lui; quarto, cari avvocati, leggete di più e scoprirete che non tutti i giornali e non tutti i giornalisti sono uguali; quinto, non credete a tutto quello che leggete sui giornali!

Domanda: Direttore, la Sua esperienza con gli avvocati d'affari è ben nota e nella Sua carriera avrà condotto centinaia di interviste; vuole darci un paio di consigli su come affrontarne una al meglio?

Risposta: Il consiglio fondamentale è questo: dare un’intervista quando si ha qualcosa da comunicare veramente. L’intervista è un’occasione preziosa di visibilità. Va cercata o concessa per lanciare una notizia di rilievo e approfondirla con un interlocutore competente.

D.: Quali sono le cose assolutamente da non fare?

R.: Non bisogna mai mentire. Negare cose che si sa essere vere. O affermare cose che si sa non corrispondere alla realtà. Tutto torna, alla fine, e non c’è cosa peggiore che essere smentiti dai fatti. Poi c’è una cosa che i giornalisti (tutti) non sopportano: far vedere i propri articoli prima che siano pubblicati. Quindi chiederlo non è mai una buona mossa. Al massimo, con un po’ di savoir faire, si può ottenere di rivedere i propri ‘virgolettati’, cioè le dichiarazioni attribuite direttamente a chi è intervistato. Quella è una richiesta legittima, e raramente un giornalista dice ‘no’.

D.: Gli avvocati, spesso, usano un gergo molto tecnico, il cosiddetto ‘legalese’: cosa suggerisce loro per semplificare il linguaggio?

R.: Gli avvocati parlano in legalese perché pensano che sia più professionale. Semplificare il linguaggio non è un’operazione complicata. Basta chiedersi se nella vita di tutti i giorni, fuori dal lavoro e nei rapporti con gli amici e i conoscenti, si utilizzano espressioni o parole come ‘altresì’!

D.: Altri accorgimenti nei rapporti con la stampa?

Aggiungo un elemento: come è importante che un giornalista ‘studi’ il suo intervistato prima di incontrarlo, così è fondamentale conoscere il giornalista o la testata per cui lavora, prima di affrontare un colloquio. Il motivo è semplice: se sapete cosa interessa a quel giornale, potete gestire meglio il dialogo, e magari evitare o prevenire anche domande scomode.

D.: E i comunicati stampa? Quali sono gli errori più comuni nell'annunciare una notizia?

R.: I comunicati spesso vengono riempiti di informazioni inutili, o usati per darne di scarso interesse. Il caso tipico è quello in cui uno studio annuncia la partecipazione di uno dei suoi avvocati a una conferenza. Questa informazione potrà anche essere di rilievo per l’avvocato interessato e per lo studio, che riceve lustro da questa esposizione, ma nel 90% dei casi non è di alcun interesse per i lettori di un giornale… Quanto alle informazioni inutili, invece, una volta ho scritto un corsivo sull’inutilità, per esempio, di specificare che l’avvocato Tal dei Tali è ‘laureato in giurisprudenza’: meglio dire, con esempi concreti, che cosa fa...