di Amalia Di Carlo
Intervista al Dr. Nicola Di Molfetta, direttore di Legalcommunity ed esperto indiscusso di rapporti tra avvocati e giornalisti, che svela come tenere ben saldo quel filo sottile che consente ai professionisti di comunicare al meglio con la stampa
Nell’indimenticabile finale de ‘L'ultima minaccia’ (‘Deadline-U.S.A.’, film di Richard Brooks del 1952), il grande Humphrey Bogart pronuncia la frase più citata in tema di libero giornalismo: ‘È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente!’ Fanno bene gli avvocati e gli altri professionisti a tenerla presente nei propri rapporti con i giornalisti, e non solo quelli specializzati per il loro settore…
Ecco cinque semplici regole, ben chiare, elencate dal Direttore di Legalcommunity, Nicola Di Molfetta: primo, non chiamate un giornalista se non volete che questi vi faccia delle domande; secondo, ricordate che i giornalisti sono professionisti con una deontologia e un’indipendenza che vanno rispettate; terzo, se volete che un giornalista si fidi di voi, dovrete avere anche voi fiducia in lui; quarto, cari avvocati, leggete di più e scoprirete che non tutti i giornali e non tutti i giornalisti sono uguali; quinto, non credete a tutto quello che leggete sui giornali!
Domanda: Direttore, la Sua esperienza con gli avvocati d'affari è ben nota e nella Sua carriera avrà condotto centinaia di interviste; vuole darci un paio di consigli su come affrontarne una al meglio?
Risposta: Il consiglio fondamentale è questo: dare un’intervista quando si ha qualcosa da comunicare veramente. L’intervista è un’occasione preziosa di visibilità. Va cercata o concessa per lanciare una notizia di rilievo e approfondirla con un interlocutore competente.
D.: Quali sono le cose assolutamente da non fare?
R.: Non bisogna mai mentire. Negare cose che si sa essere vere. O affermare cose che si sa non corrispondere alla realtà. Tutto torna, alla fine, e non c’è cosa peggiore che essere smentiti dai fatti. Poi c’è una cosa che i giornalisti (tutti) non sopportano: far vedere i propri articoli prima che siano pubblicati. Quindi chiederlo non è mai una buona mossa. Al massimo, con un po’ di savoir faire, si può ottenere di rivedere i propri ‘virgolettati’, cioè le dichiarazioni attribuite direttamente a chi è intervistato. Quella è una richiesta legittima, e raramente un giornalista dice ‘no’.
D.: Gli avvocati, spesso, usano un gergo molto tecnico, il cosiddetto ‘legalese’: cosa suggerisce loro per semplificare il linguaggio?
R.: Gli avvocati parlano in legalese perché pensano che sia più professionale. Semplificare il linguaggio non è un’operazione complicata. Basta chiedersi se nella vita di tutti i giorni, fuori dal lavoro e nei rapporti con gli amici e i conoscenti, si utilizzano espressioni o parole come ‘altresì’!
D.: Altri accorgimenti nei rapporti con la stampa?
Aggiungo un elemento: come è importante che un giornalista ‘studi’ il suo intervistato prima di incontrarlo, così è fondamentale conoscere il giornalista o la testata per cui lavora, prima di affrontare un colloquio. Il motivo è semplice: se sapete cosa interessa a quel giornale, potete gestire meglio il dialogo, e magari evitare o prevenire anche domande scomode.
D.: E i comunicati stampa? Quali sono gli errori più comuni nell'annunciare una notizia?
R.: I comunicati spesso vengono riempiti di informazioni inutili, o usati per darne di scarso interesse. Il caso tipico è quello in cui uno studio annuncia la partecipazione di uno dei suoi avvocati a una conferenza. Questa informazione potrà anche essere di rilievo per l’avvocato interessato e per lo studio, che riceve lustro da questa esposizione, ma nel 90% dei casi non è di alcun interesse per i lettori di un giornale… Quanto alle informazioni inutili, invece, una volta ho scritto un corsivo sull’inutilità, per esempio, di specificare che l’avvocato Tal dei Tali è ‘laureato in giurisprudenza’: meglio dire, con esempi concreti, che cosa fa...